Capella Anthony - 2008 - Il profumo del caffè by Capella Anthony

Capella Anthony - 2008 - Il profumo del caffè by Capella Anthony

autore:Capella Anthony [Capella Anthony]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788854505797
Google: 1KS4uAAACAAJ
editore: Neri Pozza
pubblicato: 2012-09-14T22:00:00+00:00


42.

Senza la protezione degli alberi, i germogli delicati e i rampicanti nel sottosuolo della foresta, punteggiati di orchidee e farfalle, si seccarono presto al sole. In quelle condizioni i tronchi caduti furono pronti per essere bruciati quasi subito. Non appena il vento iniziò a soffiare dalla direzione giusta, Hector domandò agli uomini di accendere una serie di fuochi lungo l’estremità settentrionale della valle.

Se l’abbattimento degli alberi era stato spettacolare, quegli incendi non furono da meno. I fuochi divampavano lungo la terra disboscata, riempiendola di una nuova vegetazione alta quasi come la precedente: una foresta di fiamme splendenti e crepitanti che nacquero, morirono e si propagarono a ripetizione nel corso di una settimana. A volte il fuoco rallentava per accanirsi su un albero in particolare; altre volte, invece, correva su una radura con un rapido passaggio radente. Altre volte ancora le fiamme erano quasi invisibili alla forte luce del sole, come se l’aria stessa si liquefacesse nel caldo intenso.

Gli indigeni conoscevano il fuoco, naturalmente, ma in quelle proporzioni sembrò riempirli di un terrore superstizioso, e iniziarono a dimostrare una riluttanza crescente nell’obbedire agli ordini. Hector giurava di non avere mai conosciuto lavoratori tanto indisciplinati, conseguenza diretta, secondo lui, del fatto che eravamo i primi a colonizzare quel territorio. Qualunque fosse la mia opinione personale su di lui, non potevo non essere felice della sua presenza. Senza di lui sarei stato assolutamente incapace di superare le centinaia di ostacoli quotidiani che ci trovavamo ad affrontare.

Dopo l’incendio i pendii della collina assomigliavano a un paesaggio lunare, fumante, coperto di neve grigia. Qua e là i resti di tronchi bruciacchiati spuntavano dal grigiore, mentre un paio di alberi giganti sopravvissuti, non si sa come, all’abbattimento e all’incendio si ergevano solitari nella distesa enorme, con i rami inferiori rattrappiti come merletti.

«Il miglior fertilizzante del mondo» dichiarò Hector chinandosi per toccare una montagnola di cenere che gli arrivava al ginocchio e strofinarsela tra le dita. Feci lo stesso: era finissima, soffice, ancora tiepida sebbene fossero passati diversi giorni dall’incendio. Diventando polvere tra le mani emanava un profumo di fuliggine. «Il caffè impoverisce anche la terra migliore, Robert: siete fortunato ad avere un appezzamento così vasto, qui. Andiamo, torniamo a casa».

La “casa” era il Castello Wallis, una proprietà coloniale che dava diritto di caccia sui distretti di Abissinia e Sudan, e che comprendeva ingresso, sala da pranzo, salotto, biblioteca, sala per la colazione, innumerevoli stanze da letto dotate di guardaroba: la particolarità del maniero era che tutti gli ambienti erano concentrati in uno spazio circolare di quattro metri di diametro. In altre parole, io e Hector vivevamo come due poveracci in una squallida capanna con il tetto di fango e di paglia. La tettoia frusciava tutta la notte, e di tanto in tanto degli insetti velenosi cadevano giù per farci visita (sotto questo aspetto mi pareva quasi di essere tornato nel mio sottoscala a Oxford). Il pavimento era di terra, anche se l’avevamo coperto con due pelli di zebra, avute dagli indigeni in cambio di qualcosa d’altro.



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